È stato un tempo il mondo

Concerto al palasport di Firenze dei CSI, 14 settembre 1994, non c’ero ma da lì a brevissimo non mi sarei mai più perduto un loro concerto in zona. Concerto imperfetto ma la resa della registrazione sonora è eccellente, scaletta a metà tra CSI e CCCP, assente Zamboni per infortunio. Sarà assente nello stesso palasport sei anni dopo, quando i CSI, ormai a fine corsa, condivideranno il palco con Goran Bregovic e apriranno il concerto con Polvere, dal disco di Giovanni Lindo Ferretti, Codex, lambendo territori trip hop. Ma questa è un’altra storia.

Due uova di Pasqua quasi industriali

Prima dei Cluster c’erano stati i Kluster, ovvero i Cluster più Conrad Schnitzler. Due album, tratti dalle stesse sessioni di registrazione ma editi nel 1970, Klopfzeichen, e nel  1971, Zwei Osterei. Due album sponsorizzati niente di meno che dalla chiesa! In cambio di un aiuto economico, infatti, i nostri sovrappongono alla loro musica dalle cadenze quasi industriali, messaggi religiosi. L’esito è straniante ma la musica è premonitrice di quanto i due membri superstiti, Moebius e Roedelius combineranno più avanti.

Georgia in his mind

Nel 1970, Marion Brown, dopo varie esperienze sonore in America e in Europa, torna negli Stati Uniti e comincia a insegnare musica in una scuola elementare. Lì lascia i bambini liberi di costruirsi i loro strumenti. Intanto compone il primo di tre dischi dedicati alla natia Georgia, Afternoon of a Georgia Faun, dove tra gli strumenti utilizzati c’è n’è anche uno realizzato dallo stesso Brown con coperchi di pentole. All’album partecipano Anthony Braxton, Bennie Maupin, Chick Corea e la cantante Jeanne Lee. Seguiranno nel 1973, Geeche Recollections e l’anno seguente Sweet Earth Flying.

Suoni criptici dalla cripta

Francia, 1973. Jac Berrocal e Roger Ferlet hanno un mucchio di strumenti riportati dai loro viaggi dal medio oriente fino al Nepal ma non hanno abbastanza soldi per permettersi uno studio di registrazione. Gli viene in soccorso il parroco della basilica di Sens che concede al trio, completato da Dominique Coster, l’uso della cripta di Saint Sevinien: nasce così l’album Musiq Musik, primo passo, per Berrocal, di una lunga carriera di sperimentatore.

In connessione osmotica (Ohr Records #8)

Capitolo minore della psichedelia teutonica, il settetto degli Annexus Quam esordiscono nel 1970 per la benemerita Ohr Records con Osmose, quattro brani strumentali da cui emergono lacerti di jazz. Durarono poco, giusto il tempo per fregiarsi di primo gruppo tedesco a suonare in Giappone e registrare un secondo LP, Beziehungen, ancora più astratto del disco d’esordio.

Tradimento e tradizione

Avevo in programma da tempo di scrivere di questi 7 LP pubblicati nel 1979 con il patrocinio della regione Campania, curati da Roberto De Simone, scomparso da pochi giorni. Tra registrazioni sul campo e cantori trascinati in studio, per lo sdegno dei duri e puri dell’etnomusicologia, in questi solchi c’è tutta quella cruda e viva materia cui attingerà a pienissime mani la Nuova Compagnia di Canto Popolare.

Menzione speciale per la piccola casa editrice Squilibri che nel 2010 ha pubblicato un prezioso cofanetto, libro + 7CD, intitolato Son sei sorelle , rituali e canti della tradizione in Campania che raccoglie e espande, con altre tre ore di materiale inedito, l’originale box.

L’ascensione agli inferi

Il sassofonista Marion Brown dichiarò di quest’album che “potresti usarlo per riscaldare il tuo appartamento in un gelido mattino”. E questo è Ascension: quaranta minuti di inferno sonoro. Ben undici musicisti, a registrare negli studi di Rudy Van Gelder, nel giugno del ’65, il manifesto free di John Coltrane. Ai sassofoni, oltre a Coltrane e Brown, Pharoah Sanders, Archie Shepp, John Tchicai, alle trombe,  Freddie Hubbard e Dewey Johnson, quest’ultimo, affetto da disturbi mentali, qui alla sua unica registrazione professionale e ancora Art Davis e Jimmy Garrison al contrabbasso, Elvin Jones alla batteria e McCoy Tyner al pianoforte.

Il padiglione dei sogni (registrazioni oscure #10)

Chissà se questo Pavilion of Dreams non sia il padiglione auricolare dell’ascoltatore. Ultima uscita della Obscure Records prima di chiudere i battenti, raccoglie quattro composizioni oniriche di Harold Budd registrate tra il 1972 e il 1975. Tra i musicisti coinvolti il grande sassofonista americano Marion Brown oltre ai soliti nomi “oscuri”: Brian Eno, Gavin Bryars, Michael Nyman, John White.

I doni del caso

Nel 1963, Terry Riley e Chet Baker sono, per vie diverse, a Parigi. Contatti comuni, e l’aiuto di un operatore della radio francese, fanno sì che Riley metta su nastro e manipoli una versione di So What di Miles Davis suonata dal quartetto del tormentato trombettista americano, da poco uscito dalle carceri italiane.

Solo nel 2000, quel che restava dei nastri originali e di una manciata di altri audaci esperimenti di Riley del periodo 60-65, vedranno la luce su CD.

Strumenti e voci (registrazioni oscure #5)

La Obscure Records fu fondata da Brian Eno nel 1975 e pubblicò dieci dischi prima di chiudere i battenti nel 1978. Pochi ma buoni se non ottimi. Qui il numero cinque della serie diviso nei due lati del long playing tra il meno noto Jan Steele e l’arcinoto John Cage: personalmente preferisco il primo lato, nell’iniziale All day viene messo in musica un testo di James Joyce, alla chitarra c’è Fred Frith, al basso Steve Beresford. Joyce fa capolino anche nell’altra metà del disco e stavolta fa capolino Robert Wyatt alle prese con una rilettura dal Finnegans Wake. In un altra traccia compare la voce di Carla Bley. Un disco insomma che non all’oscuro non può stare.