A.B. Normal ?

The Bonzo Dog Doo Dah Band: la lunga tradizione del music-hall britannico perfettamente concentrato e sublimato in questa formazione nata tra studenti d’arte nel 1962 e capace di rielaborare con fare ironico e grottesco tutti gli stilemi musicali. E non solo. Parte integrante dei loro spettacoli erano i travestimenti, le barzellette, le pantomime inscenate sul palco. Non casuali quindi le loro apparizioni cinematografiche (eseguiranno Death-cab for Cutie alla fine di Magical Mystery Tour dei Beatles, grandi fans della Bonzo Dog Band) e televisive (nel ’68 sono protagonisti del programma per bambini Do not adjust your set). Una follia contagiosa che è giunta fino ai nostri giorni e ai concerti con l’esilarante Theremin-leg, un theremin travestito da gamba di manichino!

Perchè non mangi non le carote?

La leggenda vuole che furono cacciati dalla Virgin dopo essere stati beccati a fare un’orgia vestiti da nazisti. Non si è mai saputo se fosse vero. Vero è che la Virgin voleva che “normalizzassero” quel suono messo a punto negli anni di isolamento di Wumme, dove dal ’70 al ’73 vissero in una vecchia scuola, suonando, manipolando nastri, costruendosi i propri strumenti e alternando un isolamento quasi monastico senza radio e TV ad orge e droghe. Il loro manager, Uwe Nettelbeck, giornalista di estrema sinistra, era riuscito a procurargli un contratto con la Polydor senza che avessero neppure mai suonato una volta! Grazie a quel contratto riuscirono a mantenersi durante quell’anno in cui vide la luce il primo leggendario LP: vinile trasparente e copertina radiografica. Tre lunghe tracce che partono demolendo il rock sotto le note deformate di Satisfaction e All you need is love e proseguono tra sogno e incubo fino alla conclusiva e beffarda “and at the end realise that nobody knows if it really happened”.

Holger Czukay RIP

Scrivo questo post subito dopo aver ricevuto notizia della scomparsa di Holger Czukay. Un altro pezzo di storia della musica che se ne va in punta di piedi.

Holger Czukay nasce a Danzica nel 1938. Studia musica a Colonia sotto la guida di Karlheinz Stockhausen. Insegna a sua volta musica per mantenersi. Nel ’68, un suo allievo, Michael Karoli, di dieci anni più giovane, gli suona “I am the walrus” dei Beatles. E’ una folgorazione. E’ la scintilla che porta alla nascita degli Inner Space Production: Czukay al basso, Karoli alla chitarra, Irmin Schmidt, altro allievo di Stockhausen, alle tastiere e Jaki Liebezeit, che in precedenza suonava freejazz, alla batteria. Più tardi si aggiungerà il cantante Malcolm Mooney che ideerà il nuovo nome del gruppo: CAN. Esaurita l’avventura la fenomenale band tedesca continuerà a produrre dischi in proprio e in compagnia di importanti musicisti come Jah Wobble e David Sylvian.

Ma già prima dell’avventura dei CAN, Czukay aveva firmato un piccolo capolavoro frutto di un’incursione notturna nello studio di Stockhausen. Czukay e l’amico Rolf Dammers una sera aspettano che Stockhausen, che in quel periodo compone Hymnen e Telemusik, esca dall’università di Colonia e prendono possesso della strumentazione tecnica del maestro, l’unica in grado di alterare i tanti nastri registrati dalle radio a onde medie da Czukay: canti vietnamiti, musiche medioevali francesi, musica aborigena australiana, koto giapponese, cori tibetani. Tutto viene incanalato in un unico flusso elettronico, allo stesso tempo futuristico e ancestrale, da cui saranno tratti i due lunghi brani di Boatwoman song e Canaxis.

Il contrappasso (Not All Blacks #1)

“Se esiste l’inferno, i fans dei Beatles passeranno l’eternità ad ascoltare questo disco”

Questa è una delle mie citazioni preferite, l’autore è Piero Scaruffi, l’uomo capace di compilare migliaia di schede relative a cantanti e band di ogni epoca e provenienza. Da adolescente ho letto avidamente i volumi della sua Storia del Rock edita dall’Arcana, immaginandomi dischi che in assenza della rete era all’epoca impossibile procacciarsi, e ancora oggi continuo a sbocconcellare le recensioni del suo sito sempre in cerca di nuove scoperte.

La citazione lapidaria del nostro riguarda una delle gemme più preziose del rock neozelandese, Harsh ’70s Reality dei The Dead C, doppio LP uscito nel 1992 ma registrato nei tre anni precedenti, aggiornamento della psichedelia degli anni ’70 all’epoca del noise e del low-fi. Beatlesiani e altre mammolette assortite sono avvertite: questo è un tour de force per orecchie allenate.

 

L’inverno di Praga

Il 20 agosto del 1968 i carrarmati sovietici entrano in Cecoslovacchia mettendo fine al Pražské jaro, la Primavera di Praga. I The Plastic People of the Universe nascono poche settimane dopo su iniziativa del bassista Milan Hlavsa. Inevitabile il richiamo a Frank Zappa, Plastic People è uno dei brani di Absolutely Free, uno dei vertici delle Mothers of Invention, ma forte sarà l’impronta mitteleuropea della band. Il primo cantante del gruppo è il canadese Paul Wilson, docente di inglese a Praga, reclutato dalla band per tradurre i testi dei Velvet Underground e dei Fugs.

La vita dei PPU sarà un lungo inverno, una vita di clandestinità. Nel 1970 il governo comunista revocherà alla band la licenza per esibirsi e il gruppo dovrà esibirsi in segreto. Alcuni membri saranno addirittura incarcerati nel ’76 dopo un festival con l’accusa di nichilismo, decadentismo e addirittura clericalismo! In difesa dei PPU e degli altri arrestati nel gennaio successivo si schiererà, con altri 246 cittadini, il futuro presidente della Cecoslovacchia, il drammaturgo Vaclav Havel, con la sottoscrizione del documento Charta 77.

L’anno dopo, nel ’78, sarà pubblicato in Francia, e all’insaputa della stessa band il loro primo disco in studio, registrazioni risalenti al dicembre del ’74 e portate all’estero da Wilson nel frattempo espulso dal paese ). Il titolo dell’album, che si richiama scherzosamente i Beatles, è Egon Bondy’s Happy Hearts Club Banned, dove Egon Bondy è il poeta cecoslovacco autore dei testi. Disco forzatamente lo-fi che è una girandola di invenzioni sonore forti anche dell’uso della viola elettrica e del theremin.

In religioso ascolto (Made in Japan #12)

Tanti musicisti degli anni sessanta andarono in India (due nomi per tutti, Beatles e Bob Dylan) o in Nordafrica (Rolling Stones) in cerca di ispirazione e, spesso e volentieri, sostanze psicotrope su cui sorvoliamo. In altri paesi c’era già una tradizione millenaria cui attingere e incorporare nella propria musica. Nel 1970 il supergruppo People, messo su dalla casa discografica A&R e capitanato dal chitarrista Kimio Mizutani, registra CeremonyBuddha meet rock. Al rock di matrice anglosassone si sovrappongono in maniera molto naturale i suoni cerimoniali buddisti. Un esperimento nato per fare cassa ma per una volta anche qualitativamente valido.