Il canto sospeso

Sulle note di copertina di Freak Out, il primo album e primo capolavoro di Frank Zappa, compare una lunga serie di ringraziamenti semiseri a personaggi eterogenei da James Joyce a Salvador Dalì, da Sacco & Vanzetti a Lawrence Ferlinghetti fino a non meglio identificati figuri quali Uncle Ed e The Hypnotist. Ma anche tanti bluesman, da Willie Dixon a Slim Harpo e soprattutto compositori d’avanguardia, Varese, Boulez, Stockhausen, Ives e anche l’italiano Luigi Nono.

Quel Luigi Nono che non è stato un coglione. A dispetto di tutte le Anna di Francia del cantautore bolognese Claudio Lolli che così rappresentava lo stato d’animo diffuso in una buona fetta della sinistra nei confronti del compositore d’avanguardia che aveva portato nella sua musica forti istanze politiche sin dall’esordio con Il canto sospeso, basato su frammenti di lettere di condannati a morte della Resistenza, e proseguito con La fabbrica illuminata, dove l’attenzione si spostava alle lotte operaie o con Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz, sulla immane tragedia dei campi di concentramento nazisti.

Zappa alla francese

Compositore d’avanguardia, cantante, clarinettista, il francese Albert Marcoeur, classe 1947, viene definito come il Frank Zappa d’oltralpe. L’esordio è del 1974 e gli varrà  un posto nella sempre famigerata e benemerita Nurse With Wound list. Avanguardia e divertissement. Da ascoltare.

Dalle stalle alle stelle (o viceversa)

“siamo figli delle stelle e pronipoti di sua maestà il denaro” (Bandiera bianca, Franco Battiato)

Così come è molto difficile non conoscere le hit Figli delle stelle e Tu sei l’unica donna per me è altrettanto facile non conoscere la vita precedente di Alan Sorrenti, una vita che comprende due ottimi dischi sperimentali Aria (1972) e Come un vecchio incensiere all’alba di un villaggio deserto (1973) entrambi pubblicati dalla Harvest, la stessa etichetta dei Pink Floyd, e che vedono la presenza, nel primo LP, di un musicista del calibro di Jean Luc Ponty, violinista presente in più di un disco di Frank Zappa e, nel secondo LP, del flautista David Jackson dei Van der Graaf Generator.
Nel mezzo, prima di prendere la strada della musica da discoteca con annessa rapida ascesa e rovinosa caduta e un presente di apparizioni assolutamente imbarazzanti su cui è inutile infierire, il tentativo di cimentarsi con la canzone tradizionale napoletana, la classica Ditencello vuje, in chiave prog.

Fumo sull’acqua

« We all came out to Montreux on the Lake Geneva shoreline To make records with a mobile – We didn’t have much time Frank Zappa & the Mothers were at the best place around But some stupid with a flare gun burned the place to the ground Smoke on the water, fire in the sky »

In questa maniera i Deep Purple nel 1972 mettevano in musica l’episodio, realmente accaduto pochi mesi prima, da cui presero spunto per la celeberrima Smoke on the Water. In quello stesso 1972 si esibirono a Montreux, località svizzera nota per il suo festival di jazz, il terzetto composto dal batterista Bernard Lubat (già con Michel Portal), il tastierista Eddy Louiss (già con Michel Petrucciani) e il chitarrista Claude Engel (fondatore dei Magma). La splendida registrazione di quel concerto, un jazz-rock spruzzato di funky è purtroppo l’unica prova documentata del trio francese: un vero peccato.

Fine dei giochi

Di verde nella vita di Peter Green, chitarrista, c’è il periodo con i Bluesbreakers di John Mayall e quello con i Fleetwood Mac. Dopo il lungo tunnel dell’ LSD e i conseguenti problemi psichici che lo porteranno alla schizofrenia spazzandolo via dalle scene musicali (anche se nel frattempo circoleranno le leggende più disparate che narreranno di crisi mistiche, fughe in Israele, improbabili occupazioni per sbarcare il lunario tra cui quelli di barista, infermiere e perfino becchino!). Ritornerà a imbracciare la chitarra negli anni ottanta spesso come sessionman talvolta come solista ma senza mai assolutamente graffiare.
Continua invece a mostrare le unghie e le zanne, come il felino in copertina l’ultima incisione prima del ritiro dalle scene: inciso in una sola notte, “The end of the game” rimane una scheggia accecante di blues strumentale sospeso tra jazz e psichedelia dove la sua chitarra rivaleggia con il piano di Zoot Money (già con Centipede e Animals) e il basso di Alex Dmochowski (dalle Mothers di Frank Zappa).

L’inverno di Praga

Il 20 agosto del 1968 i carrarmati sovietici entrano in Cecoslovacchia mettendo fine al Pražské jaro, la Primavera di Praga. I The Plastic People of the Universe nascono poche settimane dopo su iniziativa del bassista Milan Hlavsa. Inevitabile il richiamo a Frank Zappa, Plastic People è uno dei brani di Absolutely Free, uno dei vertici delle Mothers of Invention, ma forte sarà l’impronta mitteleuropea della band. Il primo cantante del gruppo è il canadese Paul Wilson, docente di inglese a Praga, reclutato dalla band per tradurre i testi dei Velvet Underground e dei Fugs.

La vita dei PPU sarà un lungo inverno, una vita di clandestinità. Nel 1970 il governo comunista revocherà alla band la licenza per esibirsi e il gruppo dovrà esibirsi in segreto. Alcuni membri saranno addirittura incarcerati nel ’76 dopo un festival con l’accusa di nichilismo, decadentismo e addirittura clericalismo! In difesa dei PPU e degli altri arrestati nel gennaio successivo si schiererà, con altri 246 cittadini, il futuro presidente della Cecoslovacchia, il drammaturgo Vaclav Havel, con la sottoscrizione del documento Charta 77.

L’anno dopo, nel ’78, sarà pubblicato in Francia, e all’insaputa della stessa band il loro primo disco in studio, registrazioni risalenti al dicembre del ’74 e portate all’estero da Wilson nel frattempo espulso dal paese ). Il titolo dell’album, che si richiama scherzosamente i Beatles, è Egon Bondy’s Happy Hearts Club Banned, dove Egon Bondy è il poeta cecoslovacco autore dei testi. Disco forzatamente lo-fi che è una girandola di invenzioni sonore forti anche dell’uso della viola elettrica e del theremin.