Totentanz

Aggettivi come gotico e teutonico bastano e avanzano per descrivere la musica degli Amon Düül II. Una musica che evoca quel tribalismo nordico pagano e allo stesso tempo allucinato e austero. Come il monito delle tante totentanz, le danze con la morte, che pullulano nelle chiese tedesche.
Il loro primo disco Phallus Dei impone il suo clima orrorifico e luciferino sin dalla splendida copertina: non resta altro lasciarsi sopraffare dalle sue note e partecipare al sabba.

Suoni dal bunker

Leggenda narra che solo 11 delle 213 copie stampate nel 1972 furono vendute. Insomma un fiasco colossale per l’ellepì etichetta BU 1-72, unica uscita della fantomatica Bunker Records, copertina nera, militaresca silhoutte e la scritta, in goticissimi caratteri tipografici, German Oak . Poi la riscoperta in anni recenti di un disco la cui storia merita essere raccontata: durante le Olimpiadi di Monaco, quelle che saranno ricordate per l’irruzione di un commando palestinese nel villaggio olimpico e conclusasi nel sangue, sei ragazzi di Dusseldorf si chiudono in un rifugio antiaereo della seconda guerra mondiale per rivivere l’esperienza dei loro genitori durante i pesantissimi bombardamenti alleati. Bombardamenti spesso assolutamente inutili come quelli su Dresda esemplarmente raccontati da Kurt Vonnegut in Mattatoio 5. Lì sotto, i sei registrano un disco strumentale che con poca fantasia potrei definire di claustrofobica psichedelia.

Vibrazioni (Ohr Records #4)

Si intitola Schwingungen, vibrazioni, il secondo disco degli Ash Ra Tempel di Manuel Gottsching e Hartmut Enke che, provvisoriamente orfani di quel Klaus Schulze che aveva caratterizzato con le sue scorribande cosmiche il primo album,  liberano tutta la psichedelia coltivata nei lunghi anni in cui suonavano blues sgangheratissimi nei locali per i camionisti lungo le autobahn tedesche e firmano uno dei capolavori del krautrock tutto e che ovviamente sarà pubblicato dalla sempre sia lodata Ohr Records.

Vampiri, suore e morti (Ohr Records #3)

Terzo titolo in catalogo per la Ohr Records e accreditato al solo Bernd Witthüser, in seguito sarà aggiunto alla denominazione sociale anche il polistrumentista Walter Westrupp, già presente in questa prima prova, Lieder Von Vampiren, Nonnen und Toten è una raccolta di macabre e ironiche canzoncine folk cantate in tedesco. Suoni non ancora contaminati da tentazioni cosmiche o progressive ma già ricchi di trovate anche nell’uso di strumenti inusuali o trovati.

La meditazione elettronica (Ohr Records #2)

L’esordio dei Tangerine Dream è tanto esplosivo che il terzetto autore di Electronic Meditation (1970, Ohr Records) si disgregherà subito dopo.  La sigla sociale rimarrà al chitarrista e organista Edgar Froese che virerà su territori sempre più cosmici (e in seguito di pessima ed evitabilissima elettronica) mentre Conrad Schnitzler (violino e violoncello)  e Klaus Schulze, qui ancora dietro alla batteria e non ancora alle prese col sintetizzatore di cui diventerà uno dei massimi esecutori continueranno, ognuno per proprio conto, le loro sperimentazioni sonore in quel filone aureo che è il krautrock.

In questo primo album c’è ancora una selvatichezza rock che sarà poi progressivamente abbandonata a favore di un suono sempre più liquido e siderale ma meno umano e per questo più difficile da amare.

Di guru ne servono due (Ohr Records #1)

Piove elettricità, anzi grandina, dal disco d’esordio del trio tedesco dei Guru Guru. UFO, tra le primissime uscite della Ohr, la benemerita etichetta tedesca con l’orecchio sulla label, è la pietra d’angolo, acuminatissima, della loro scarna produzione. Lontani dalle coeve derive cosmiche i protagonisti di cotanta potenza sono Aix Genrich alla chitarra, Uli Trepte al basso, Mani Neumeier alla batteria.

Carneadi industriali

Quando nel 1984  viene dato alle stampe Kühe in 1/2 Trauer il collettivo tedesco P16.D4 è già attivo da sei anni. Anni di passaggio tra l’età dell’oro del krautrock e la Deutsche Neue Welle (la new wave tedesca). Achim Szepanski, Ewald Weber, Gerd Poppe, Ralf Wehowsky e Roger Schönauer assemblano un capolavoro in cui convergono nuove e vecchie tendenze oltre alle istanze avanguardistiche di Stockhausen. Un capolavoro di cui all’epoca, e anche dopo, si accorgeranno in pochissimi. Ascoltare la traccia “He’s Afraid Of The Way The Glass Will Fall – Soon: It Will Be A Spectacle: The Fall Of A Crystal Palace But Coming Down In Total Blackout, Without One Glint Of Light, Only Great Invisible Crashing” per credere.

La bellezza convulsiva di Nadja

Licht è il documento sonoro di alcune esibizioni live della formazione degli ALU tenute tra Belgio, Olanda e Germania nel febbraio del 1982. Un interessante punk sintetico ad opera di due vecchie glorie del krautrock, Ludwig Papenberg e Hannes Vesten, titolari dei Sand, band che in vita realizzò il solo ottimo album Golem nel 1974. Gli ALU, nascono quando ai due, che nel frattempo avevano fondato una propria etichetta discografica, si unisce la cantante Nadja Moldt. Scaricata la psichedelia, già intrisa di elettronica, dei Sand fa posto un convulso punk dominato dalla voce allucinata di Nadja. Nonostante le inevitabili pecche dovuta alla registrazione dal vivo merita sicuramente l’ascolto.

 

Lo sterco del diavolo

Il simbolo del dollaro si trasforma in un infernale quadrupede cornuto. Moolah è termine slang che sta per denaro. Due oscuri musicisti newyorkesi nel 74 registrano a nome Moolah questo unico e disturbante LP Woe Ye Demons Possessed, degno di essere messo a fianco ai coevi dischi di krautrock. Concretismi ed elettronica assortita in questo album che si guadagnerà una menzione nella famigerata Nurse With Wound list. Da ascoltare con attenzione.

 

 

Holger Czukay RIP

Scrivo questo post subito dopo aver ricevuto notizia della scomparsa di Holger Czukay. Un altro pezzo di storia della musica che se ne va in punta di piedi.

Holger Czukay nasce a Danzica nel 1938. Studia musica a Colonia sotto la guida di Karlheinz Stockhausen. Insegna a sua volta musica per mantenersi. Nel ’68, un suo allievo, Michael Karoli, di dieci anni più giovane, gli suona “I am the walrus” dei Beatles. E’ una folgorazione. E’ la scintilla che porta alla nascita degli Inner Space Production: Czukay al basso, Karoli alla chitarra, Irmin Schmidt, altro allievo di Stockhausen, alle tastiere e Jaki Liebezeit, che in precedenza suonava freejazz, alla batteria. Più tardi si aggiungerà il cantante Malcolm Mooney che ideerà il nuovo nome del gruppo: CAN. Esaurita l’avventura la fenomenale band tedesca continuerà a produrre dischi in proprio e in compagnia di importanti musicisti come Jah Wobble e David Sylvian.

Ma già prima dell’avventura dei CAN, Czukay aveva firmato un piccolo capolavoro frutto di un’incursione notturna nello studio di Stockhausen. Czukay e l’amico Rolf Dammers una sera aspettano che Stockhausen, che in quel periodo compone Hymnen e Telemusik, esca dall’università di Colonia e prendono possesso della strumentazione tecnica del maestro, l’unica in grado di alterare i tanti nastri registrati dalle radio a onde medie da Czukay: canti vietnamiti, musiche medioevali francesi, musica aborigena australiana, koto giapponese, cori tibetani. Tutto viene incanalato in un unico flusso elettronico, allo stesso tempo futuristico e ancestrale, da cui saranno tratti i due lunghi brani di Boatwoman song e Canaxis.