I fantocci di carne

Il massimo successo dei Meat Puppets  è l’album Too High to Die, pubblicato nel 1994 dopo il clamoroso successo del concerto unplugged dei Nirvana che per l’occasione ospitarono i fratelli Kirkwood,  insieme due terzi della band di Phoenix, ed eseguirono ben tre brani dal loro secondo LP, risalente al 1983 e pubblicato dopo un ipercinetico primo EP che condensava cinque tracce nello spazio di complessivi cinque minuti e sedici secondi e un primo album dove stavolta si incrementava il minutaggio ad una media di un minuto e mezzo a brano!

Inseriti a torto nel carrozzone del grunge la loro musica era quella dell’hardcore mediato dal country e dalla psichedelia. Ricordo una intervista dell’epoca in cui dichiaravano che mentre a Seattle c’erano i salmoni, in Arizona c’era il sole che rendeva tutti schizzati. E non si può che convenirne e andarsi a riascoltare quel Meat Puppets II che tanto piaceva a Kurt Cobain.

L’urgenza di un secondo, un quarto di secolo fa

C’era una volta il grunge, Seattle, i cadaveri straziati e mangiati degli Andrew Wood, dei Cobain e dei Layne Staley. C’era un calderone di dischi belli e brutti. Invero pochi reggono al setaccio del tempo trascorso. Tra questi Vs, il secondo disco dei Pearl Jam di Eddie Vedder e soci. Disco diretto e immediato, splendidamente rappresentato dal muso contro la recinzione della pecora in copertina, che preferisco agli anthem di Ten, il disco di esordio, e alla produzione successiva.