La geografia è destino

“So che la geografia è destino, la storia non si fa, signorile, a tavolino” (Giovanni Lindo Ferretti da Orfani e vedove, P.G.R.)

Il Kurdistan è una nazione che non ha confini che la separano da altri stati ma viene attraversata, come da devastanti cicatrici, da quelli di Siria, Turchia, Iran e Iraq che si sono visti assegnare dalla storia, mai galantuoma, fette mal ritagliate di quel vasto territorio in cui i curdi non sono padroni della loro casa ma ospiti mal sopportati.

Da profanissimo di musica tradizionale mi sono imbattuto nell’ascolto di un intenso concerto tenuto a Teheran dal musicista iraniano Kayhan Kalhor, ma di origine curda, Khayan Kalhor in duo con il turco Erdal Erzincan. Il primo suona il tradizionale kamancheh, il secondo il baglama. La musica persiana e turca come leva per abbattere i confini.

Depressione? (Mamma li turchi #3)

I Bunalim furono autori di una manciata di singoli ad inizio anni settanta sospesi tra tradizione turca, psichedelia e hard-rock. Il loro nome, traducibile letteralmente con depressione, risulta fuorviante rispetto a una musica energica e trascinante. Nel ’74 si unirono al chitarrista Erkin Koray e col nome di Grup Ter realizzarono una cover del classico turco Hor Görme Garibi che gli aprì in patria le porte del successo. Bisognerà aspettare gli anni zero per vedere i pezzi dei Bunalim assemblati in una antologia.

Anatolia elettrica (Mamma li turchi #2)

Uno dei massimi esponenti dell’Anatolian Rock è il chitarrista Erkin Koray, nato nel 1941. Il suo primo singolo è del 1967 ma dovrà aspettare fino al 1974 per esordire sulla lunga distanza: il risultato sarà l’ellepì Elektronic Türküler che fonde psichedelia, progressive e folk turco. I dieci minuti finali di Türkü suggellano un disco che merita di essere recuperato dal dimenticatoio. Buon ascolto.

Mamma li turchi #1

Alla Turchia di oggi, legata e imbavagliata da Erdogan, dedico questo primo post sulla musica turca degli anni settanta. E comincio con Selda Bağcan. Nata nel ’48, cominciò a cantare durante gli anni in cui frequentava la facoltà di ingegneria ad Ankara.  Nel ’71 incise i primi singoli, canzoni per sola voce e bağlava – la tipica chitarra turca – che univano musica tradizionale e temi sociali. Più tardi si avventurò anche in territori più rock. Una voce magnetica capace di dare fastidio al potere: negli anni ’80, durante la dittatura militare, conobbe per brevi periodi anche le famigerate carceri turche e fino al 1987 non fu libera di andare all’estero.