Il blu, l’oro e il magico giallo

Furono disseppelliti dal dimenticatoio, prima di tornarcene repentinamente, dalla Spittle Records, i nostrani Leanan Sidhe.  Nel sottobosco fecondissimo della Firenze degli anni ottanta, dove i più affermati Litfiba e Diaframma ripetevano più o meno scolasticamente la lezione del post-punk d’oltremanica, i Leanan Sidhe seppero affondare le mani nelle acque pù profonde della psichedelia come testimoniato dai due ottimi miniLP del biennio 86-87 Ash Grove Primroses e Our Early Childhood Skyes raccolti vent’anni dopo con un paio di inediti su CD col titolo di Blue and Gold (and Magic Yellow). A queste due prime prove seguì un’esistenza nascosta che portò alla realizzazione di  due lavori estremamente sperimentali come Plansequence del ’94 e di Calendario Arboreo Perpetuo del 2000 .

Il sacrificio della vedova nera

Gruppo di Leicester affascinati dall’esoterismo, i Black Widow esordiscono con l’LP Sacrifice per la CBS nel 1970 dopo essersi fatti una pessima fama per i loro spettacoli teatrali che si concludevano con, ovviamente finti, sacrifici umani. Al di là dei testi impregnati di occultismo e satanismo l’album è un bellissimo esempio di scurissimo progressive dal sax iniziale di In Ancient Days alle tastiere e al flauto della conclusiva title-track.

Gotico italiano

Le sonorità gothic trovarono in Italia, e in particolare a Firenze, terreno fertilissimo con la neonata I.R.A. Records che produsse i primi dischi di Litfiba, i Moda di Andrea Chimenti, gli Underground Life di Giancarlo Onorato e i Diaframma di Federico Fiumani che con l’arrivo del cantante Miro Sassolini realizzarono l’ellepì Siberia, uno dei migliori album della dark wave di casa nostra.

Danze per scongiurare l’eclissi

Esponenti di rilievo della scena trance-rock californiana i Red Temple Spirits durarono il tempo di due album fondendo mirabilmente la psichedelia pinkfloydiana e il dark britannico: il loro misticheggiante Dancing to restore an eclipsed moon licenziato nel 1988 è un piccolo capolavoro da preservare assolutamente.

Gotico americano

Il dark o gothic è stato un fenomeno musicale prettamente europeo. Uno dei pochi gruppi provenienti da oltreoceano, da San Francisco, furono i Tuxedomoon che dopo l’ottimo Half-Mute, nel 1980, si trasferirono, visto lo scarso successo commerciale, in Europa dove trovarono maggiori estimatori: i synth, il sax, il violino, l’uso della voce davano alla musica dei Tuxedomoon un aspetto del tutto originale e disturbante che continuerà nelle prove successive pur non raggiungendo i vertici di Half-Mute e del seguente Desire (1981).

 

La guerra fredda

Il post-punk britannico attecchì rapidamente in Francia e Siouxie fu la madrina riconosciuta della scena locale etichettata come cold-wave. A Lille si formò il quartetto dei Guerre Froide che vivacchiò un paio d’anni al principio degli ottanta: un tour, un album (Cicatrice) e un 12″ eponimo. Tempo di guerra fredda e di blocchi contrapposti, forte l’immaginario del Muro e della capitale tedesca divisa, fresca la lezione della trilogia berlinese di Bowie: il 12″ conteneva l’ottima Demain Berlin che in tempi di Youtube è ritornata a galla dando alla band di Yves Royer, Gilbert Deffais, Patrick Mallet e Fabrice Fruchart la celebrità postuma.

Il quartetto fantasma

Triste ammetterlo ma è sempre più difficile che le mie orecchie digeriscano la musica sfornata negli ultimi dieci anni. Alcune ricerche dicono che passati i trenta sia normale e d’altronde conosco chi ascolta la solita rumenta che ascoltava venti o trent’anni fa: a ognuno le sue miserie.

Capitano poi belle sorprese come quella di imbattermi in questo trio bretone di jazz scurissimo attivo da una quindicina d’anni e che omaggia già nel nome le atmosfere di Twin Peaks di Lynch – l’agente Dale Cooper è uno dei protagonisti della serie passata e presente – forte delle musiche di Angelo Badalamenti. Alla primigenia fonte di ispirazione si aggiungono suoni di matrice dark-wave spesso accompagnati con interventi vocali ora cupi e profondi alla Swans ora eterei e debitori di molto dreampop anni ’80.

Quattro album licenziati finora e tutti da ascoltare con attenzione: Parole de Navarre (2006), Metamanoir (2011), Quatorze pieces de menace (2013) e il recentissimo Astrild Astrild (2017).

Dark Orange

La prima volta che sono stato in Provenza puntai dritto ad Orange. Era marzo, il mistral rendeva tersissimo il cielo e la luce dominava il paesaggio nonostante il freddo. Difficile nella mia testa associare alla calma e soleggiata Orange quel  concerto dei Cure tante volte ascoltato nella logora musicassetta.

E invece proprio qui, nello splendido, anche se quasi completamente ricostruito teatro romano (nell’800 sfrattarono, come ad Arles e in tanti altri posti le decine di famiglie che ci vivevano dentro per riportarlo all’antica fisionomia ) nell’agosto del 1986 si tenne il concerto immortalato nel film ‘The Cure in Orange’.
Dopo aver fatto il soundcheck con una versione di ‘Set the controls for the heart of the sun’ dei Pink Floyd (echi del concerto tra le rovine di Pompei?) e la gag con Simon Gallup che toglie la parrucca a Robert Smith svelandone un’inconsueta corta capigliatura una scaletta che mescola il dark più ortodosso dei primi album alle prove più pop e ballabili dei non sempre irreprensibili dischi successivi. Film, che uscito all’epoca in VHS, per qualche misterioso motivo, in quest’epoca dove si raschia il barile con versioni deluxe, rimasterizzazioni, scarti di studio e similia, non è mai stato riedito in DVD.