Il barbecue di mamma

Mom’s è una compilation del musicista d’avanguardia Carl Stone, classe 1953, allievo di Morton Subotnick dopo aver cominciato a fare jazz-rock con il futuro mito della musica industriale Z’EV.  Attivo per molti anni tra San Francisco e Tokyo, Stone è un manipolatore di suoni, tra collage, field recordings e frequenti incursioni nella musica tradizionale giapponese.

 

L’orecchio è esposto e vulnerabile (Made in Japan #23)

A differenza dell’occhio che può essere chiuso o puntato altrove l’orecchio è esposto e vulnerabile. E’ a questa vulnerabilità che si rivolgeva il suono (e il non suono) di Satoshi Ashikawa, produttore e compositore che licenziò, prima di morire in un incidente, tre dischi per la serie Wave Notation dell’etichetta Sound Process raccolti: Music for Nine Postcards di Hiroshi Yoshimura, Still Way dello stesso Ashikawa e Eric Satie del pianista Satsuki Shibano a reinterpretare brani del musicista di Honfleur. I brani di Still Way per piano, vibrafono, arpa e flauto sono delicati acquerelli sonori sospesi in uno spazio atemporale.

Mille gru di carta (Made in Japan #22)

1954. Sadako Sasaki è una bambina che sogna di correre. In seguito a un attacco di vertigini le viene diagnosticata la leucemia. Leucemia provocata dalla pioggia nera, le radiazioni liberate dall’esplosione nucleare sulla città di Hiroshima. Sono passati nove anni dal terribile evento ma gli effetti sono ancora devastanti.

Sadako passa quattordici mesi in ospedale. Costruisce gru di carta. Una antica tradizione dice che un desiderio sarà esaudito a chi riuscirà a costruire mille gru di carta. Sadako si aggrappa a quelle gru di carta per quei quattordici mesi di sofferenza e disperata speranza.

I Mono, gruppo post-rock giapponese, mezzo secolo dopo, nel 2004, chiuderanno l’album Walking cloud and deep red sky, flag fluttered and the sun shined con una delicata dedica alla storia di Sadako, A thousand paper cranes, episodio più malinconico del disco.

La vicenda di Sadako, cui è dedicata una statua nel parco della Pace di Hiroshima, sarà anche raccontata dallo scrittore Karl Bruckner nel libro Il gran sole di Hiroshima.

Thirty seconds over Tokyo (Made in Japan #20)

Nella primavera del 1942 Tokyo fu bombardata per la prima volta dai B-25 americani. L’operazione Doolittle non provocò molti danni ma dimostrò la vulnerabilità aerea del Giappone. Nel ’44 la storia del raid statunitense fu trasposta al cinema da Thirty seconds over Tokyo. La pellicola, di manifesta propaganda bellica, vedeva tra gli interpreti anche Spencer Tracy, Robert Mitchum e un giovane Blake Edwards che raggiungerà la notorietà non come attore ma come il regista di Hollywood Party e delle varie Pantere Rosa.

La vicenda ispirerà il primo singolo dei Pere Ubu di David Thomas edito dalla Hearthan nel 1975. Il testo, visionario, racconta il bombardamento della capitale giapponese e la follia della guerra. Il retro del singolo è l’altrettanto evocativo Heart of Darkness. Il capolavoro della band di Cleveland, The Modern Dance, uscirà solo nel ’78 ma già questo singolo, da solo, vale più dell’intera discografia di mille altre band.

Flew off early in the haze of dawn 
in a metal dragon locked in time, 
skimming waves of an underground sea 
in some kind of a dream world fantasy

Sun a hot circle on a canopy, 
’25 a racing blot on a bright green sea 
Ahead the dim blur of an alien land, 
time to give ourselves to strange gods’ hands

Dark flak spiders bursting in the sky, 
reaching twisted claws on every side 
No place to run, 
no place to hide, 
no turning back on a suicide ride

Toy city streets crawling through my sights, 
sprouting clumps of mushrooms like a world surreal 
This dream won’t ever seem to end, 
and time seems like it’ll never begin 
30 seconds, 
and a one way ride 
30 seconds, 
and no place to hide 
30 seconds over Tokyo

Alta fedeltá (Made in Japan #19)

Ho scovato in uno dei giganteschi negozi di elettronica di Tokyo un paio di auricolari (A U R I C O L A R I !!) da circa 700 €. Mi piace ascoltare la musica e sono contento se posso ascoltarla con la giusta resa acustica, i bassi come si deve e tutto il resto. Ma rimango basito quando trovo audiofili disposti a spendere cifre spropositate per ascoltare poi cosa? Musica comunque digitalizzata e che ha giá perso quindi la presunta purezza del suono originario? E le imperfezioni dovute alla registrazione? Ai microfoni, agli ambienti, agli esecutori stessi… Vorrei prendere un disco a caso della Japrocksampler, la lista di dischi memorabili del rock nipponico stilata da Julian Cope, farlo sentire all’anonimo acquirente degli auricolari di cui sopra e vedere poi l’effetto che fa! Oppure l’arcinota Tintarella di Luna di Mina eseguita dai noisers Melt Banana.

Nell’inferno del pachinko (Made in Japan #18)

Ho capito quanto fosse azzeccata l’associazione dell’inferno con il pachinko quando sono entrato in una delle tante sale di Tokyo dedicate al diabolico gioco. Corridoi assordanti di luci intermittenti dove giocatori di ogni età, fianco a fianco, fissano queste piccole sferette metalliche di questi incroci aberranti di flipper e slot-machine.

In the Hell of patchinko è la registrazione di un concerto tenuto a Tokyo nel 1991 dai francesi Mano Negra che, per la loro musica incrocio di generi, coniarono il termine patchanka, titolo tra l’altro del loro esplosivo album d’esordio.

Echi d’Africa (Made in Japan #17)

Akira Ishikawa, batterista jazz, classe 1934, compie un viaggio in Africa nel 1970. Comincia a incorporare nelle sue composizioni elementi della musica locale. Dopo alcuni album di transizione Akira registra nel 1972 l’album Uganda accreditato ai Count Buffalo. Kimio Mizutani, alla chitarra, butta benzina sul fuoco delle ritmiche imbastite dalle percussioni e caratterizza questo dai dischi successivi di Ishikawa, piú virati verso il jazz.

L’asse Roma-Tokyo-Berlino (Made in Japan #16)

Here we are / Stuck by this river / You and I / Underneath a sky that’s ever falling down, down, down / Ever falling down

Metti la cornice di Villa Massimo a Roma. Metti Carsten Nicolai da Berlino, nome d’arte Alva Noto. Metti il maestro Ryuchi Sakamoto e il suo pianoforte. E metti pure Brian Eno e la sua meravigliosa By this river qui presentata dai due musicisti in una versione che ne esalta la scheletrica bellezza. C’è bisogno d’altro?

Through the day / As if on an ocean Waiting here / Always failing to remember why we came, came, came / I wonder why we came

You talk to me / As if from a distance / And I reply / With impressions chosen from another time, time, time / From another time

Rapid Eye movement (Made in Japan #15)

I Boredoms del cantante Yamatsuka Eye hanno scritto alcuni dei capitoli piú radicali del noise nipponico. Il loro sound percussivo e fantasioso, dove la sorpresa continua è la norma, trova, dopo una serie di album assolutamente ostici, una forma fruibile in Vision Creation Newsun del 1999, un fragorosissimo caleidoscopio sonoro.

Piú reale del vero (Made in Japan #14)

Ciclicamente certi suoni tornano di moda. L’effetto del revival é spesso trito e triste con sfumature che vanno dallo scimmiottamento alla parodia. Ci sono gruppi invece che riescono a impossessarsi di un genere e a sfornare dischi che, anche se fuori tempo massimo, avrebbero potuto competere con gli originali. Un esempio potrebbe essere la psichedelia di Out dei White Heaven. Ascoltatevi i nove minuti di Falling Stars End, terza traccia dell’album, tra reminiscenze West Coast e echi rollingstoniani, e poi ditemi se vi pare un disco inciso nel 1991.