Quest’uomo era un fenomeno

“tu suonavi Bill Evans dicendo quest’uomo è un fenomeno”

Così  canta Fabio Concato in Gigi, brano dedicato al padre Luigi, anch’egli musicista jazz.  E fenomeno era il buon Bill, unico bianco imposto a forza da Miles Davis per le registrazioni di Kind of Blue, pianista eccezionale quanto la sua fragilità di uomo tormentato alla ricerca di un pezzo di pace come la superba improvvisazione registrata pochi mesi prima, nel dicembre del ’58 e che, su richiesta di Miles,

diventerà l’introduzione di Flamenco Sketches.

 

La silenziosa via

Registrato nel febbraio del 1969 In a Silent Way è In pratica il prologo di Bitches Brew, il capolavoro “elettrico” di Miles Davis. Qui c’è già quasi tutta la formazione che collaborerà col geniale trombettista e soprattutto compare quel modus operandi fatto di improvvisazione in studio e riassemblaggio dei nastri in post-produzione con l’apporto del fondamentale Teo Macero.  Miles Davis, che in quel periodo guardava al rock e sperava in una collaborazione con Jimi Hendrix, arruola John McLaughlin alla chitarra elettrica, Dave Holland al basso, Tony Williams alla batteria, Wayne Shorter al sax soprano e ben tre tastieristi, Chick Corea, Herbie Hancock e l’austriaco Joe Zawinul.

Due volti di Ginevra

“That is a very unusual song, it’s in a very strange tuning with strange time signatures. It’s about three women that I loved. One of who was Christine Hinton, the girl who got killed who was my girlfriend, and one of who was Joni Mitchell and the other one is somebody that I can’t tell. It might be my best song.” (David Crosby)
Inutile dilungarsi sulle virtù di Crosby Stills & Nash, l’album della famosa copertina con i tre sul divano in ordine inverso alla sigla sociale: storia vuole che quando i tre tentarono di rimediare all’errore, tornando in cerca del divano, scoprirono che non c’era più!
Tra molti episodi memorabili come Marrakech Express o Wooden Ships, la mia preferita resta Guinnevere, frutta del sacco di David Crosby. Di questa canzone si innamorò anche Miles Davis che ne registrò una lunga trasfigurata versione durante le sessions di Bitches Brew. Il brano però rimase inedito fino alla pubblicazione, un paio di decenni dopo, delle intere sessions.

Suoni dietro le sbarre

Per tutta la vita Alan Lomax ha raccolto canti popolari, dalle prigioni americane ai cavatori di marmo di Carrara. Fu lui, insieme al padre, l’etnomusicologo John Lomax, a scoprire in una prigione della Louisiana il grande Leadbelly. E fu sempre dai nastri registrati da Lomax nella Spagna franchista che Miles Davis e Gil Evans attinsero le idee che avrebbero portato alla realizzazione di Sketches of Spain, uno dei vertici della produzione davisiana.

Negro Prison Blues and Songs è l’antologia che raccoglie i brani registrati da Lomax nei penitenziari del Mississippi e della Louisiana.

L’importanza della Consonanza

Ribattezzatosi per l’occasione The Group, il Gruppo di Improvvisazione Nuova Consonanza registra nel 1970 questo disco sospeso tra jazz, avanguardia e psichedelia. Ennio Morricone si traveste da Miles Davis e con la sua tromba sottolinea i fraseggi di Franco Evangelisti, Mario Bertoncini, Walter Branchi, Bruno Battisti D’Amario, Egisto Macchi, Renzo Restuccia e John Heineman. L’intellighenzia della musica sperimentale e d’avanguardia italiana in uno scenario di jungla forato dagli stridii degli uccelli meccanici in copertina.

Ovviamente per avere una ristampa di questo album si è dovuto attendere la bellezza di quarantaquattro anni!

Pier Paolo psichedelico

C’è lo zampino di Pier Paolo Pasolini in Danze della sera, singolo di Chetro & Co., piccolo gioiellino di psichedelia datato 1968. Chetro & Co. era il duo formato da Ettore De Carolis e Gianfranco Coletta.  L’unica incisione del duo è questo singolo il cui testo riprendeva versi di una poesia di Pasolini, intitolata Notturno. La B-side Le pietre numerate era un omaggio testuale alla Milestones di Miles Davis. Singolare l’uso della violaccia da parte di De Carolis, uno strumento ad arco di sua invenzione dal suono simile a quello della gironda provenzale.

La musica del quarto mondo

Jon Hassell nasce nel 1937 a Memphis nel Tennessee, cresce con la musica afro-americana di Stan Kenton e Miles Davis, poi si innamora di Stockhausen. Va in Germania, a Colonia, a seguire i corsi del maestro. Holger Czukay e Irmin Schmidt che da lì a poco fonderanno i futuri Can sono i suoi compagni di corso. Lo vorrebbero con loro ma Jon declina l’invito dichiarandosi poco interessato al rock.  E infatti, tornato in patria, prende parte alle registrazioni di In C, il capolavoro di Terry Riley e ad alcuni dischi di LaMonte Young. Inevitabile, dopo aver collaborato con questi due padri del minimalismo, proseguire nello studio della musica indiana e così nel 1972 comincia l’apprendistato con il Pandit Pran Nath. E’ qui che il suono della tromba di Hassell completa la propria metamorfosi trasformandosi nel suono di una conchiglia.

E al culmine di questa metamorfosi Hassell è pronto per quella ‘fourth world music’ di cui si innamoreranno Brian Eno e David Byrne e porterà nel 1981 al fantastico My Life in the Bush of Ghosts (per lo scorno di Jon che a quel disco avrebbe dovuto partecipare).

Ma torniamo indietro a quello che invece è il capolavoro di Hassell e che esce nel 1977: Vernal Equinox. La tromba di Hassell viene trattata elettronicamente e si insinua sul tappeto di percussioni ordite dal brasiliano Nana Vasconcelos e tra sibili di gelidi sintetizzatori.

La scoperta dell’acqua calda

L’intento di chi scrive è principalmente quello di percorrere sentieri meno battuti e dare visibilità a realtà musicali meno note. Mi rendo conto che scrivere di un disco ritenuto praticamente all’unanimità tra quelli fondamentali della storia del jazz equivale a snocciolare i più triti luoghi comuni: dal non ci sono più le mezze stagioni al qui era tutta campagna fino al si stava meglio quando si stava peggio.

Evito di scrivere sciocchezze e dico solo che Kind of Blue è per me un’aspirina che fa bene a testa e cuore.  Per i pochi che non hanno ancora ascoltato il sestetto stellare di Miles Davis – al servizio del geniale trombettista ci sono John Coltrane, Julian Cannonball Adderley, Bill Evans, Paul Chambers e Jimmy Cobb – è ora di rimediare.