Lo scioccante blu

Gli olandesi Shoking Blue si formarono nel 1967 ma giunsero al successo solo dopo l’ingresso in formazione della cantante Mariska Veres. Il singolo Venus nel 1969 conquistò le classifiche europee prima e americane (e le riconquistò negli anni ottanta con la versione dance delle Bananarama). Venus fu inserita anche nell’album At Home che conteneva anche un altro brano Love Buzz che sarà riproposto ottimamente nel 1989 dai Nirvana nell’album d’esordio Bleach.

Senza radici

“Palestine’s a country / Or at least / Used to be. / Felahin, refugee / (Kurdistan similarly) / Need something to / Build on / Rather like / The rest of us.” 

Quando si è a corto di soldi ci si arrangia come si può. E peccato se il lavoro sarebbe potuto uscire meglio. Così Dondestan, il gran ritorno di Robert Wyatt dopo anni di silenzio fu dato alle stampe nel 1991 con un missaggio frettoloso e approssimativo (così riteneva lui, perché era già un gran bel disco). Ma evidentemente a Robert il cruccio era rimasto così nel 1998 riesce a riportarlo in studio di registrazione e a rimettere mano ai nastri originali: il risultato è Dondestan (revisited). Disco, a un orecchio attento, dal suono un po’ più cupo e compatto. Per il resto se si eccettua la diversa scaletta dei brani difficile riconoscere l’uno e l’altro e ancor più decidere quale delle due versioni preferire. Insomma l’unica strada percorribile è godersi due volte questo album doppio che vale molto di più di tanti doppi album. Triste notare come il brano che dà il titolo all’album e che trattava dell’impossibilità di avere una patria per curdi e palestinesi sia ancora tristemente attuale.

“Il lato nuovo di questo lavoro é che i testi delle canzoni erano delle poesie di Alfie; mi piacciono molto le sue poesie perché c’é molto di non detto. Chiamai il disco Dondestan perché aveva un doppio significato: in spagnolo significa “dove stai” e, sempre in spagnolo, ricorda qualcosa della repubblica euroasiatica. Qualcosa come dichiarare se stessi indipendenti da qualcuno o qualcosa. Io spesso mi sento in esilio da non so quale paese e anche tante persone che conosco sembrano essere degli esiliati. E’ un disco sulla mancanza di radici, questo lo si sente sia nelle canzoni che nei testi di mia moglie”.

 

Il terzo orecchio

La Third Ear Band nasce in quel ricettacolo di meraviglie che fu l’UFO Club di Londra, un locale durato poco meno di un anno ma sul cui palco si alternarono  più volte Pink Floyd, Soft Machine, Tomorrow, Arthur Brown e compagnia cantante. Ciò che distingueva la Third Ear Band era l’inconsueta strumentazione più idonea a un ensemble da camera che a un gruppo rock:  oboe, viola, violoncello.

Due anni dopo la chiusura dell’UFO, siamo nel 1969,  arriva il disco d’esordio, Alchemy, cui seguirà l’anno dopo il secondo, omonimo album, che rimarrà come uno dei frutti più maturi e succosi della psichedelia britannica. L’album è composto da quattro lunghe tracce dedicate ai quattro elementi della tradizione  aristotelica in cui si incontrano, dando vita a un’ottima miscela, suoni orientali ed occidentali.

Finché un bel giorno…

In genere ci si ricorda degli It’s A Beautiful Day solo perché l’intro di uno dei pezzi più famosi dei Deep Purple, Child in Time, è una scopiazzatura bella e buona della loro Bombay Calling. Ma il gruppo di San Francisco capitanato da David Laflamme, violinista, fu capace di sfornare un ottimo album grazie anche all’apporto della bella voce di Pattie Santos, a metà strada tra Grace Slick e Janis Joplin. Era il 1969, poi seguirono un altro paio di dischi e un bel live alla Carnegie Hall.

Il sindacato dei sogni

La punta di diamante del Paisley Underground, revival losangelino di psichedelia imbastardita dal punk, furono senza dubbio i Dream Syndicate di Steve Wynn. Nel sindacato dei sogni confluì l’impeto sottoproletario dei punk e l’effervescenza musicale degli hippy californiani. The Days of Wine and Roses, The Medicine Show e il live At Raji’s i dischi da ascoltare assolutamente.

L’inevitabile post del due maggio

Secondo e ultimo disco dei May Blitz, classico power trio hard psichedelico formato dai canadesi Jamie Black (chitarra e voce) e  Reid Hudson (basso) e completato dall’inglese Tony Newman (batteria) Second of May fu licenziato dall’etichetta Vertigo nel 1971. L’album pregevole, nonostante la trascinante For Mad Men Only, non ebbe miglior fortuna del primo, eponimo, pubblicato l’anno prima. Lo scarso impatto commerciale convinse presto i due canadesi a tornarsene in patria mettendo la parola fine all’avventura musicale dei May Blitz.

A cavallo degli incubi

Thomas Baker Knight Jr è stato un cantautore e musicista nato in Alabama nel 1933 e morto nel 2005. Sconosciuto ai più, è stato l’autore dell’hit Lonesome Town, portata al successo da Ricky Nelson e utilizzata da Quentin Tarantino in una delle scene più celebri di Pulp Fiction, e tante altre canzoni interpretate da Paul McCartney, Frank Sinatra, Elvis Presley e tanti altri. Non manca nella sua discografia un paio di singoli psichedelici accreditati, con un gioco di parole geniale, a Baker Knight and the Knightmares e tra i quali spicca la trascinante Hallucinations.

 

Il picchiatore

Durante le registrazioni di Electric Ladyland Jimi Hendrix chiamò dietro rullanti e tamburi per un paio di brani il batterista degli Electric Flag, il corpulento Buddy Miles, perché secondo lui “picchiava a morte la batteria”. Più tardi, arruolato anche Billy Cox al basso, Jimi diede vita alla Band of Gypsys, formando così un trio di soli neri. Breve esperienza che sfociò in un live tratto da quattro concerti tenuti a New York nel periodo di capodanno del 1970.
Per Buddy Miles, che aveva già alle spalle l’esperienza blues psichedelica degli Electric Flag e un paio di dischi solisti, Expressway to your skull ed Electric church, la carriera continuò tra collaborazioni prestigiose con Santana e John McLaughlin (un disco live registrato con il primo dentro il cratere di un vulcano alle isole Hawaii), disavventure giudiziarie e problemi con la droga.
Ne uscì fuori solo negli anni ’80 quando ottenne anche un grosso successo cantando un pezzo di Marvin Gaye per una pubblicità di uvette californiane!

Oggi forse sì

L’aggettivo eclettico sta addirittura stretto a un musicista come Czeslaw Niemen: polacco, classe 1939, ha spaziato dal pop alla musica psichedelica, dal jazz-rock alla musica elettronica. Nel 1970 partecipò addirittura al Cantagiro, il popolare festival itinerante nostrano con Oggi forse no. Ovviamente al pop senza nerbo preferisco i due ottimi dischi sperimentali registrati nel 1973 insieme ai musicisti del gruppo SBB e intitolati semplicemente Volume 1 e Volume 2 (riuniti poi nell’antologico Marionetki). Ma non sono gli unici titoli della discografia del nostro a meritare un ascolto attento.

Sporchi di terra

Gli Earth di Dylan Carlson nascono a Olympia, piccola cittadina a 60 miglia da Seattle, capitale dello stato di Washington. Esordiscono per la SubPop  con l’EP Extra-Capsular Extraction nel ’91 e realizzano il loro capolavoro con l’album Earth 2 nel ’93 disco di pesantissimi droni reiterati all’infinito. Negli anni la musica di Carlson cambia registro e si colora di psichedelia, mi pare appropriata l’etichetta di southern-gothic appiccicatagli da alcuni recensori. Ottimo esempio di questa fase l’album del 2005 Hex: or Printing in the Infernal Method.