Fine dei giochi

Di verde nella vita di Peter Green, chitarrista, c’è il periodo con i Bluesbreakers di John Mayall e quello con i Fleetwood Mac. Dopo il lungo tunnel dell’ LSD e i conseguenti problemi psichici che lo porteranno alla schizofrenia spazzandolo via dalle scene musicali (anche se nel frattempo circoleranno le leggende più disparate che narreranno di crisi mistiche, fughe in Israele, improbabili occupazioni per sbarcare il lunario tra cui quelli di barista, infermiere e perfino becchino!). Ritornerà a imbracciare la chitarra negli anni ottanta spesso come sessionman talvolta come solista ma senza mai assolutamente graffiare.
Continua invece a mostrare le unghie e le zanne, come il felino in copertina l’ultima incisione prima del ritiro dalle scene: inciso in una sola notte, “The end of the game” rimane una scheggia accecante di blues strumentale sospeso tra jazz e psichedelia dove la sua chitarra rivaleggia con il piano di Zoot Money (già con Centipede e Animals) e il basso di Alex Dmochowski (dalle Mothers di Frank Zappa).

La precarietà è un cuneo nelle ossa (Dischi da Ultima Spiaggia #2)

“Quanto dura il mio minuto se devo fare settantacinque secondi in sessanta?”
La Rapsodia meccanica del calabrese Francesco Currà, operaio dell’Ansaldo di Genova, vede la luce nel dicembre del ’76 ovvero prima ancora che i Throbbing Gristle diffondessero il verbo della musica industriale (che in realtà era già stata inventata dai futuristi, dagli intonarumori di Luigi Russolo fino alla ‘Sinfonia delle sirene’, una composizione per masse di lavoratori, cannoni, idroplani e tutte le sirene delle fabbriche della città di Baku che il russo Arseny Avraamov mise in scena 7 novembre del ’22).
Nei roventi anni di piombo Currà mette in scena tutta l’alienazione del lavoro in fabbrica e i suoi ritmi omicidi declamando i suoi testi su un sottofondo di rumori tirati fuori direttamente dai suoi macchinari durante le lunghe ore di lavoro alla fresa. Il disco viene poi completato dai patterns di Roberto Colombo che, molto prima di comporre la sigla della soap Beautiful, aveva da poco licenziato per la comune etichetta Ultima Spiaggia l’ottimo Sfogatevi bestie, disco di jazz-rock entrato a far parte della famigerata Nurse With Wound list.

Butterfly effect (rumore rosa #3)

Con effetto farfalla si indica quel processo per il quale piccole variazioni delle condizioni iniziali portano dopo un certo tempo le stesse equazioni differenziali a soluzioni divergenti. Sembra figlia del butterfly effect questo maltrattamento dell’opera di Puccini da parte di Pauline Oliveros, una delle pioniere della musica elettronica scomparsa lo scorso anno.

Nata in Texas nel  1932, spesso e volentieri effigiata con la sua fisarmonica, è stata soprattutto compositrice e teorica musicale. Fondatrice negli anni sessanta del San Francisco Tape Center e poi insegnante universitaria giunse alla definizione di coscienza sonora, teoria in cui confluivano elementi tipici delle filosofie orientali mutuate dalla sua passione per il karate di cui era cintura nera. Caverne, cattedrali, cisterne abbandonate divennero i luoghi ideali dove far riverberare incontri e scontri di dense masse sonore le cui piccole variazioni sono capaci di generare quell’effetto farfalla che il meteorologo Edward Lorenz probabilmente rubò a un racconto di Ray Bradbury, il celebre scrittore di fantascienza autore di Fahrenheit 451.

Vacche magre (ovvero Khun Narin è meglio dei Pink Floyd)

Ho riascoltato il famoso disco della mucca, una delle geniali copertine dello studio Hipgnosis: la semplice foto della frisona Lulubelle III  che pascola nella verde campagna inglese senza alcuna indicazione del nome del gruppo o del titolo dell’album. Nella sterminata apologetica dei Pink Floyd, si narra che i funzionari della EMI chiesero al fotografo Storm Thorgerson se il suo intento fosse quello di far fallire la loro casa discografica.

Il primo lato del vinile si compone di una lunga suite orchestrale, Atom Heart Mother, arrangiata dal compositore Ron Geesin mentre nel secondo lato trovano posto tre delicate canzoni folk equamente divise tra Waters, Gilmour e Wright e la lunga Alan’s Psychedelic Breakfast.

Ma il folk e la psichedelia in questo disco finiscono per apparire artefatti e troppo cerebrali rispetto a quella naif di Khun Narin. Sissignori, Khun Narin! Non avete la più pallida idea di chi sia Khun Narin? Khun Narin suona un phin elettrificato, il phin è uno strumento tipico della Thailandia e del Laos. Attorno a lui ruota un ensemble spesso formato da vecchi e bambini che si esibivano in occasione di feste e processioni nella regione del Phetchabun in lunghe jam improvvisate.

Qualche anno fa un produttore  americano scovò su youtube una serie di video – in uno c’è una acidissima Zombie dei Cranberries! – e da lì sono nati due album, il primo strepitoso Electric Phin Band e il secondo intitolato semplicemente II. Ascoltare per credere.

La musica del quarto mondo

Jon Hassell nasce nel 1937 a Memphis nel Tennessee, cresce con la musica afro-americana di Stan Kenton e Miles Davis, poi si innamora di Stockhausen. Va in Germania, a Colonia, a seguire i corsi del maestro. Holger Czukay e Irmin Schmidt che da lì a poco fonderanno i futuri Can sono i suoi compagni di corso. Lo vorrebbero con loro ma Jon declina l’invito dichiarandosi poco interessato al rock.  E infatti, tornato in patria, prende parte alle registrazioni di In C, il capolavoro di Terry Riley e ad alcuni dischi di LaMonte Young. Inevitabile, dopo aver collaborato con questi due padri del minimalismo, proseguire nello studio della musica indiana e così nel 1972 comincia l’apprendistato con il Pandit Pran Nath. E’ qui che il suono della tromba di Hassell completa la propria metamorfosi trasformandosi nel suono di una conchiglia.

E al culmine di questa metamorfosi Hassell è pronto per quella ‘fourth world music’ di cui si innamoreranno Brian Eno e David Byrne e porterà nel 1981 al fantastico My Life in the Bush of Ghosts (per lo scorno di Jon che a quel disco avrebbe dovuto partecipare).

Ma torniamo indietro a quello che invece è il capolavoro di Hassell e che esce nel 1977: Vernal Equinox. La tromba di Hassell viene trattata elettronicamente e si insinua sul tappeto di percussioni ordite dal brasiliano Nana Vasconcelos e tra sibili di gelidi sintetizzatori.

Raro Ben

Piccola gemma di jazz-rock uscita nel 1971 quella dei Ben. In copertina un naso che cola come un rubinetto male avvitato. Musica che cola a fiotti copiosi lungo le quattro tracce in cui si cimentano i quattro musicisti (sax, organo, chitarra e batteria). Disco purtroppo ricordato più per le quotazioni abnormi sul mercato dei vinili, l’originale LP è tra i più rari del catalogo della Vertigo e quindi tra i più costosi, che per la musica: molti recensori infatti lo bollano come tra le cose peggiori licenziate dalla label dall’inconfondibile spirale. Cosa in parte vera, ma più per merito del resto della scuderia – Black Sabbath, Gentle Giant, Patto, Nucleus e compagnia cantante – che per demeriti propri.

Detonazione

Danza con tutte le tue forze / mostrami che sei ancora viva

Ai bei tempi in cui cercava di un centro di gravità permanente Battiato dichiarava di non sopportare la new wave italiana e il free jazz punk inglese. A Udine invece c’era chi la pensava diversamente. I Detonazione riuscirono con pochi ottimi singoli ed EP, a conquistarsi un piccolo spazio nella scena musicale degli anni ottanta italiani da cui, come tanti altri gruppi, non ne uscirono vivi. L’esordio ‘Sorvegliare e punire’ (titolo rubato a Foucault, ma non quello del pendolo) è del 1983. Il cantato è equamente diviso in inglese e in italiano. La copertina mostra tre uomini che spulciano libri in un edificio in cui è crollato il tetto. La dedica sul retro è esemplare: “grazie ai tecnici del suono per la profonda umanità con cui hanno capito i nostri problemi economici”.
Seguiranno il singolo “L’arido utile” (in copertina un fotogramma rubato a un film di Fellini), il 12″ “Riflessi conseguenti” e nell’86 per i fiorentini dell’IRA il 12″ “Dentro me” (in copertina stavolta il conterraneo Pier Paolo Pasolini). La meravigliosa titletrack sarà ripresa dieci anni dopo dai milanesi La Crus. Nell’89 alcuni inediti e brani dal vivo formeranno l’LP “Ultimi pezzi”, con un maiale sgozzato in copertina. Come dire: non si butta via niente: ed è una fortuna avere ancora qualcosa con cui compensarne la fine.

Holger Czukay RIP

Scrivo questo post subito dopo aver ricevuto notizia della scomparsa di Holger Czukay. Un altro pezzo di storia della musica che se ne va in punta di piedi.

Holger Czukay nasce a Danzica nel 1938. Studia musica a Colonia sotto la guida di Karlheinz Stockhausen. Insegna a sua volta musica per mantenersi. Nel ’68, un suo allievo, Michael Karoli, di dieci anni più giovane, gli suona “I am the walrus” dei Beatles. E’ una folgorazione. E’ la scintilla che porta alla nascita degli Inner Space Production: Czukay al basso, Karoli alla chitarra, Irmin Schmidt, altro allievo di Stockhausen, alle tastiere e Jaki Liebezeit, che in precedenza suonava freejazz, alla batteria. Più tardi si aggiungerà il cantante Malcolm Mooney che ideerà il nuovo nome del gruppo: CAN. Esaurita l’avventura la fenomenale band tedesca continuerà a produrre dischi in proprio e in compagnia di importanti musicisti come Jah Wobble e David Sylvian.

Ma già prima dell’avventura dei CAN, Czukay aveva firmato un piccolo capolavoro frutto di un’incursione notturna nello studio di Stockhausen. Czukay e l’amico Rolf Dammers una sera aspettano che Stockhausen, che in quel periodo compone Hymnen e Telemusik, esca dall’università di Colonia e prendono possesso della strumentazione tecnica del maestro, l’unica in grado di alterare i tanti nastri registrati dalle radio a onde medie da Czukay: canti vietnamiti, musiche medioevali francesi, musica aborigena australiana, koto giapponese, cori tibetani. Tutto viene incanalato in un unico flusso elettronico, allo stesso tempo futuristico e ancestrale, da cui saranno tratti i due lunghi brani di Boatwoman song e Canaxis.

La debolezza è potenza

“La debolezza è potenza, e la forza è niente. Quando l’uomo nasce è debole e duttile, quando muore è forte e rigido, così come l’albero: mentre cresce è tenero e flessibile, e quando è duro e secco, muore. Rigidità e forza sono compagne della morte, debolezza e flessibilità esprimono la freschezza dell’esistenza.”

Per fare un’ottima fantascienza non c’è bisogno né di robot, né di astronavi, né di macchine del tempo. Stalker, prima di diventare triste sinonimo di molestatore è uno dei capolavori di Andrej Tarkovskij. E lo stalker in questione è la guida che porta nell’inviolabile Zona due uomini, lo scritttore in crisi di ispirazione e il professore che aspira a vincere il Nobel. Entrambi sono alla ricerca della fantomatica Stanza, luogo dove possono avverarsi i desideri più intimi e segreti . E qui mi fermo onde evitare indesiderati spoiler.

Aggiungo che la colonna sonora del film, realizzato nel 1979, è del compositore sovietico Eduard Artemyev che negli anni ’60 cominciò a lavorare con i primi sintetizzatori musicando anche altre due pellicole di Tarkovskij, Solaris e Zerkalo. Ed è proprio la musica elettronica del compositore a giocare un ruolo centrale nella creazione dell’atmosfera aliena della Zona.

Il contrappasso (Not All Blacks #1)

“Se esiste l’inferno, i fans dei Beatles passeranno l’eternità ad ascoltare questo disco”

Questa è una delle mie citazioni preferite, l’autore è Piero Scaruffi, l’uomo capace di compilare migliaia di schede relative a cantanti e band di ogni epoca e provenienza. Da adolescente ho letto avidamente i volumi della sua Storia del Rock edita dall’Arcana, immaginandomi dischi che in assenza della rete era all’epoca impossibile procacciarsi, e ancora oggi continuo a sbocconcellare le recensioni del suo sito sempre in cerca di nuove scoperte.

La citazione lapidaria del nostro riguarda una delle gemme più preziose del rock neozelandese, Harsh ’70s Reality dei The Dead C, doppio LP uscito nel 1992 ma registrato nei tre anni precedenti, aggiornamento della psichedelia degli anni ’70 all’epoca del noise e del low-fi. Beatlesiani e altre mammolette assortite sono avvertite: questo è un tour de force per orecchie allenate.